L’importanza del ruolo Santana Lopez in Glee per la comunità queer

Isa Borrelli
3 min readJul 15, 2020

È di questi giorni di luglio 2020 la notizia della morte della giovane attrice Naya Rivera, ritrovata nel lago Piru, in California.

La fandom, i colleghi e il mondo dello spettacolo si è piegato nel dolore della vicenda. Per i fan di Glee, un’intera generazione di cui faccio parte, sarà sempre ricordata per il personaggio di Santana Lopez, la cheerleader di colore che esplora il proprio orientamento sessuale e identità di genere lungo le stagioni della serie.

Demi Lovato ricorda così Rivera:

Demi Lovato esprime un sentimento condiviso: il personaggio di Santana Lopez ha avuto un ruolo importante per tutte le ragazze queer che finalmente si sono viste rappresentate all’interno di un prodotto commerciale e finalmente con un lieto fine. Qualcosa che adesso inizia a essere più frequente — grazie anche al dichiarato impegno di Netflix — , ma che nel 2009 quando la serie è uscita era qualcosa di unico.

Tutto inizia nell’episdio 13 della prima stagione, Sectionals, dove durante una conference call dove Kurt indica Santana come la responsabile di una voce che circolava circa una sua frequentazione. Santana allora replica “Sesso non vuol dire frequentare qualcuno” e la sua migliore amica cheerleader Bittany incalza “Se così fosse io e Santana allora avremmo una relazione”. Boom, la bomba è stata lanciata.

Ma è nell’episodio successivo che qualcosa cambia definitivamente quando Brittany dice che i delfini sono solo degli squali gay. Da lì nasce il diminutivo Brittana per identificare la coppia e l’hashtag #gayshark diventa virale, usato di settimana in settimana per raccontare su Twitter la coppia, seguirne l’evoluzione e tifare finalmente per una rappresentazione in cui la comunità di donne queer poteva riconoscersi.

I fan iniziano a bombardare su Twitter gli autori della serie Ryan Murphy, Brad Falchuk and Ian Brennan chiedendo la storyline fosse sviluppata e non semplicemente declassata a “sbandata” di un’eterocuriosa. La stessa Rivera si sblancia e supporta la fandom nelle loro richieste di una maggiore rappresentazione non stereotipata delle donne queer.

E così accade. Dieci mesi dopo assistiamo al primo bacio lesbico nella serie, finalmente esplicitando narrativamente quello che i personaggi di Xena e Buffy ci avevano solo fatto sognare. Finalmente la nostra eroina bisessuale e queer.

La bellissima, seducente, volitiva Santana che si domanda prima se è lesbica e successivamente bisessuale. Il suo percorso è graduale e passa per un iniziale sconcerto e diniego, per poi compiere un fiero coming out e regalarci perfino un matrimonio tra donne. Era qualcosa che non avevamo mai visto in questi termini popolari, freschi, con un personaggio queer femminile che non vivesse forzatamente un epilogo negativo o drammatico.

Il ruolo dei media e della produzione artistica è motlo importante, secondo me, per un percorso anche politico di pieno raggiungimento di uguali diritti da parte delle persone LGBT+. Perchè la rappresentazione è legata strettamente alla visibilità di una minoranza. La rappresentazione, sempre più diffusa, democratica e lontana da stereotipi farseschi aiuta non sono una minoranza a riconoscersi nei contenuti della propria società e a sentirsi visibili e validi, ma anche il resto di quella società a demonizzare di meno qualcosa che non gli appare più come diverso, strano e lontano.

Secondo me la prossimità, nelle battaglie sociali, è un elemento importante. Quando riusciamo a sentire l’altro come prossimo allora riusciamo a vederlo e a vederne i diritti, uguali ai nostri. Non è un caso forse che la parola prossimo ricorre nei testi sacri. la vicinanza è fatta anche dagli occhi, e il personaggio di Santana, interpretato da Naya Rivera ha aiutato tante donne queer a riconoscersi in un contenuto, finalmente mainstream.

Sogno che i contenuti con rappresentazioni di personaggi LGBT+come protagonisti vengano apertamente venduti ai lati delle casse al supermercato.

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Isa Borrelli

[they/them] strategist specialized in language. I am transfeminist and trans*